martedì 20 luglio 2010

Il cane, il naso e il cinema

Oggi ho visto un film dove a un certo punto Jean Rouch (1917-2004), antropologo e regista francese, dice una cosa piuttosto curiosa sul suo rapporto con l'immagine.
"Quello che facciamo è improvvisare, e cioè guardarci intorno, alzarci e andare a osservare un insetto, o qualsiasi altra cosa. Di tutto il resto che riguarda l'immagine non me ne importa nulla. L'immagine è  buona se significa qualcosa. Cercare il fuoco giusto o la posizione adatta, a me non interessa. Mettiamola così: il solo capace di filmare e capire quello che filma è il mio cane. Lui ha la macchina da presa nel naso: guarda con il suo naso, con l'odorato. Filmare è come giocare con un cane: tu gli getti qualcosa che gli piace e lui te lo riporta indietro. Questo è il cinema".
La prima è la tipica affermazione che ti aspetti da un regista francese che ha fatto cinema negli della nouvelle vague, mentre la seconda parte è tanto assurda quanto (forse) geniale: in fondo all'immagine non chiediamo altro che ci sia amica, che ci restituisca qualcosa che le abbiamo chiesto. Non so se sono d'accordo, ma la cosa mi ha fatto pensare.

2 commenti:

  1. Chissà quanta parte ha avuto Lana in questa tua riflessione...ti rendi conto che se non avessi incontrato lei non sapresti neppure che i cani hanno un naso? Quel giorno al Valentino, nel recinto delle belve, è stato un tassello fondamentale nel tuo cammino verso la competenza critica.

    RispondiElimina
  2. forse grazie a Rouch inizierai a scoprire la superiorità degli animali...

    :)

    RispondiElimina