sabato 12 giugno 2010

La fine della noia

Ieri l'Athlantic Monthly ha pubblicato le 14 tendenze intellettuali che starebbero cambiando l'America. Al quarto posto c'è quella che Il post, traducendo, chiama La fine della noia: la fine, cioè, dell'attesa, della lentezza, della calma, surclassate dall'immediatezza della tecnologia, dei computer, di Twitter, dell'iPad, del Blackberry, che si sono sostituiti ai nostri sogni e magari, in un futuro nemmeno così remoto, anche alla nostra creatività. Tutto sacrosanto. E pure utile, perché la cosa mi ha fatto rivalture, se mai ce n'era bisogno, uno grandioso romanzo di Saul Bellow: Il dono di Humboldt.


Lì c'è un tizio che si chiama Charlie Citrine che di mestiere fa lo scrittore, o meglio l'intellettuale, o meglio ancora il fancazzista, il genio che ha centrato il segno una volta sola nella vita (per altro rubando dal suo maesto, l'Humboldt del titolo) e poi ha passato il resto del tempo a cercare di essere un uomo di intelletto nella società americana. E quindi è precipitato nel ridicolo di chi vuol star fuori dalla corrente e non sa di non averne il coraggio.

Ebbene, per tutto il libro Citrine raccoglie materiale per una pubblicazione sulla noia che dovrebbe raccontare la società contemporanea dal punto di vista delle sue qualità non produttive, non materialiste, inspiegabili, inspiegate, incomprensibili. Non come attacco al capitalismo, ma come un'alternativa che non lo prevede, come un mondo che non ha forma ma è più vivo di quello che sa vivere di sole forme visibili. Il poeta, dice Bellow, "non ha un'identità, bensì è un'entità".

Il libro, che è un capolavoro tanto eccessivo quanto bislacco, è del 1975, ma a sembra che non passerà mai di moda. Perché la noia è la grande ossessione della società contemporanea e la Apple, che fa di tutto per non farci annoiare e ha conquistato ogni nostra azione, dallo scrivere, all'ascoltare, al camminare, con la sua grafica leggera e immateriale ha realizzato il suo vero capolavoro: essere, cioè, una delle più grandi fabbriche di soldi del mondo e farsi percepire come una filosofia, come una religione, come un'entità.

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