sabato 22 maggio 2010

Cannes 63 - Il futuro dell'immagine

Il tailandese Apichatpong Weerasehakul è l'autore dell'ultimo film significativo del Concorso, uno dei pochi: Lung Boonmee Raluek Chat, che tradotto significa più o meno Zio Boonmee che sa richiamare le sue vite passate. Come i film di De Oliveira e Ioseliani, parla di fantasmi, di vite che finiscono ed entrano in un’altra dimensione. Ma Weerasehakul non è un cineasta anziano e il suo dialogo con la morte è ricco, trasognato, e la sua scena un mondo reale dove i trapassati sono presenze gentili e i vivi dialogano gentilmente con le loro paure.
 

Se l’immagine ha un futuro, ce l’ha grazie a registi come Weerasehakul, che è libero, ironico, spirituale, senza alcuna intenzione di legarsi a canoni narrativi tradizionali o a codici visivi occidentali. Il suo cinema inerme è vivissimo, mentre quello che siamo abituati a considerare cinema tour court (quello delle storie e delle presunte emozioni), mai come in questa edizione di Cannes ha dimostrato di essere in una crisi quasi irreversibile.

In Film Socialisme, Godard dice una cosa geniale su cui rifletto da giorni: "Hollywood, ecco perché la chiamano la Mecca del cinema: tutti gli occhi sono rivolti a lei”. Da Cannes me ne andrò con l’idea che è venuto il momento di voltare gli occhi da un’altra parte.

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