mercoledì 12 maggio 2010

Cannes 63 - Far finta di far finta

L'ultimo Robin Hood di Ridley Scott e' il classico Robin Hood di Ridley Scott, come se il film fosse gia' stato fatto prima ancora di farlo. Ha tutte le cose che ti aspetti, insomma. Pero' un paio di cose interessanti le ha. Mentre lo vedevo pensavo a Russel Crowe e Cate Blanchett, pensavo che non sono piu' tanto giovani ma che grazie a film come questi continuano a lavorare. Altrimenti sarebbero superati da tutti e costretti come Harrison Ford a fare i film con Ashton Kusher (o forse era un altro, non importa). Eppure loro sono ancora li', a far vedere quanto sono belli e quanto il tempo sta consumando anche un po' loro.
Questo cinema e questa storia, che gia' una volta aveva messo insieme Sean Connery e Audrey Hepburn tutt'altro che giovani, li trasformano in eroi d'altri tempi, quando Hollywood era in mano agli adulti ed era fatta per gli adulti. Il punto, pero', e' proprio qui: questo cinema per adulti non e' piu' il cinema per questi tempi. E' proprio vero: non e' un paese per vecchi.
Perche' sarebbe bellissimo poter ancora credere a quello che si vede, emozionarsi ai crescendo della musica, ai ralenti, alle gocce d'acqua che attraversano il viso di Cate e alle rughe che solcano quello di Russel. Sarebbe bellissimo essere ancora ai tempi in cui gia' si era smesso di credere allo schermo, ma si faceva allegramente finta. Ora invece non possiamo nemmeno fare piu' finta di fare finta: gia' troppe volte abbiamo visto queste scene di guerra e agnizione, gia' troppe volte ci siamo esaltati nel leggere attraverso il cinema di genere le riflessioni politiche sull'attualita' (Robin Hood e' un elogio della Comunita' Europea contro una generica tirannide: quella del denaro, forse?), per pensare che sia questo quello che abbiamo bisogno di vedere al cinema.

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