domenica 12 settembre 2010

Venezia 67 - Finale

Ieri si è chiusa la Mostra. Ha vinto la Coppola, e non posso dire di essere d'accordo ma nemmeno di aver detestato il film. E' una roba piccola piccola, ma anche una roba che lei sa fare, per cui ci sta con il suo cinema e in ogni caso ha momenti azzeccat. Il resto del palmares lo trovate qui. La cosa bella è che Orizzonti - la sezione bellissima che per Repubblica non è mai esistita - l'hanno vinta Verano de Goliat di Nicolas Pereda e i due corti Coming Attractions di Peter Tscherkassky e The External World di David O'Reilly, che oltre a essere tre delle cose più belle viste (e se non fossero state a Venezia si sarebbero viste da altre parti) sono anche esempi di un cinema che non si sa da che parte prendere, fuori da aspettative o preconcetti, un cinema che sfugge a uno sguardo rassicurato - e che naturalmente sarà impossibile vedere nella distribuzione normale. Nella pagine che segue metto un articolo che ho scritto per un giornale non esattamente di cinema che voleva un resoconto della Mostra: il tono è un po' elegiaco perché il contesto lo richiedeva, ma condivido tutto quello che ho scritto (cosa che non sempre succede).



"Alla fine ha vinto il cinema riconoscibile, già un po’ visto e confortante. Il cinema iperrealista e ironico e il cinema a mille all’ora, spinto da idee fuori controllo o da racconti di precisione implacabile.

La 67° Mostra di Venezia, una delle migliori degli ultimi anni, ha premiato con il Leone d’oro Somewhere di Sofia Coppola, film già uscito nelle sale e di cui abbiamo parlato nel precedente report, e con il Leone d’argento e il Gran premio della giuria Balada triste de trompeta di Alex De La Iglesia, fantasia storica-horror tra franchismo e terrorismo basco, ed Essential Killing di Jerzy Skolimovski, efficace resoconto della fuga di un talebano dall’esercito americano. Tutto nelle corde del presidente di giura Quentin Tarantino, che al di là delle polemiche gossip (la Coppola è stata una sua ex fidanzata), con il suo verdetto ha reso giustizia alla qualità innegabile dei film premiati, ma non all’idea di cinema espressa dalla Mostra.

Perché quest’anno Venezia è stato davvero un laboratorio sul cinema contemporaneo, un momento di scoperta e sperimentazione. Cinefila, poco mondana, ancora vittima di un’emorragia di visitatori tanto ininfluente (per chi scrive) quanto dolorosa (per chi paga), ha messo in campo un Concorso eccellente, dove la revisione sulla storia e i suoi orrori (dal Risorgimento di Noi credevamo di Mario Martone al golpe cileno di Post mortem di Pablo Larraín) stava a fianco del rigore etico ed estetico di film come Meek’s Cutoff di Kelly Reichartd, western sul dubbio e sulla fede, o Venus noir di Abdelatiff Kechiche, storia crudele di una donna africana esposta come un animale da circo nell’Europa del XIX secolo.

L’ulteriore riprova della qualità del programma e della bravura del direttore Marco Muller, è stata poi la sezione Orizzonti, un contenitore di opere diversificate e coraggiose, tra lunghi, corti, documentari, finzioni e film sperimentali, che ha premiato il bellissimo messicano Verano de Goliat di Nicolas Pereda (perfetto esempio di cinema oltre le barriere di genere e ispirazione) e in generale ribadito la necessità (almeno per chi scrive) dei festival come spazi privilegiati di sguardo sul mondo, sostituto ideale di tv e giornali nella rappresentazione di una realtà sempre più visibile eppure sempre meno comprensibile.

Certo, l’idea di puntare sulla cinefilia è minoritaria: ma mai come quest’anno le critiche della stampa ufficiale – aggrappata al seno della Parietti per buttare giù qualche boxino – sono suonate pretestuose. Quello che si è visto a Venezia è l’esempio di un’Italia virtuosa e appassionata di cui si lamenta sempre l’assenza, un’Italia capace di farsi guidare dalla competenza e solo in seconda battuta dall’opportunità..."

1 commento:

  1. Molto bello. Mi ha fatto venire nostalgia per ciò che di bello si può trovare in un festival.

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