giovedì 10 gennaio 2013

Cloud Atlas

Solo l'altro giorno ho scritto del vuoto che ormai circonda le immagini e ogni loro possibile significato, dell'impotenza del cinema di fronte all'impenetrabilità della realtà, e di come un film come The Master dica tutte queste cose con una forma così limpida e marmorea da essere un film modernissimo e assolutamente necessario (per il cinema, s'intende, per chi passa le sue giornate a scriverne o a guardarlo...). Poi però oggi esce un film come Cloud Atlas, magniloquente, ambizioso, lungo una vita, complesso, o se volete anche solo complicato, e di fronte alla sua presunta grandezza, o meglio ancora grandiosità, verrebbe naturale pensare che sia tutto ciò che The Master non vuole, non deve essere, e non è: il cinema un po' bolso, cioè, che si fa un baffo dell'impotenza del suo sguardo e prova a racchiudere il mistero della vita, più ancora la sua prosecuzione in un al di là extraterrestre, a partire da una storia multipla che si genera a catena e mescola le carte di continuo saltando da un luogo e da un'epoca all'altra. Verrebbe da chiudergli la porta in faccia, a un film così, e pure ai suoi tre registi (i due di Matrix e quello impresentabile di Lola corre). E in effetti in molti l'hanno chiusa, direi addirittura sbattuta, e se avessi guardato il film con un minimo di pregiudizio probabilmente l'avrei fatto pure io: ma Cloud Atlas, per una volta, l'ho visto libero da ogni pensiero preconcetto e non so perché ci sono entrato dentro mani testa e piedi, una di quelle esperienze fortuite che ogni tanto capita di vivere al cinema. Con tutte le sue debolezze, sia chiaro, soprattutto per quegli attori occidentali travestiti da coreani: ma un film che affronta in modo così aperto e coraggio il mistero della creazione umana (non divina, ché non è mica un film new age come dicono), merita rispetto e ammirazione.


Cloud Atlas è fatto da almeno sei storie e altrettante epoche: la fine del XIX secolo, gli anni '30 e '70 del XX, il 2012, il futuro e il post futuro. Ogni storia ha i suoi protagonisti, i suoi interpreti, i suoi simboli, vari elementi che di volta in volta ritornano, ma cambiati di segno, in un gioco di travestimenti e mascherate così evidente da essere teatrale, e così riunire sotto un'unica forma narrativa, che nasce e finisce con la tradizione del racconto orale alla Omero, le più svariate forme di racconto create dall'uomo: l'epica, il mito, l'avventura, la musica sinfonica, la narrativa, il cinema con tutti i suoi generi, il noir, il giallo, il fantasy, la farsa... Il film è così una sorta di opera omnia sullo slancio creativo dell'essere umano, con un solo personaggio, un musicista geniale e sfortunato, che non ritorna mai e che significativamente, come il singolo che spezza la catena della moltitudine, si avvicina più di tutti a ciò che gli altri solamente desiderano: si avvicina, cioè, al mistero della vita, a quella forza imperscrutabile che muove le nuvole e che lui, con la sua arte, riprende e riproduce.

Cloud Atlas presuppone l'esistenza di una forza misteriosa che sta al di là delle intenzioni umane, e vede nella creazione artistica - intesa anche solo come racconto notturno per un gruppo di bambini - il solo modo per raggiungerla, toccarla, comprenderla, riprodurla. Il risultato consiste in una materia narrativa resa viva e fluida dalla fusione dell'uno con il molteplice, del singolo con il collettivo, con volti, storie, episodi, gag, svelamenti e sorprese che a ogni nuovo passaggio, familiari e estranee, riconoscibili e ribaltate, confermano il legame con le radici mitologiche della creazione (altro che Dio, insomma, qui si parla del rapporto tra pensiero magico e pensiero scientifico, sciamanesimo e scienza...). Come nel mito, infatti, ogni particolare ritorna e al tempo stesso si genera in qualcosa di diverso, si ripete e si evolve, racchiudendo e al tempo stesso espandendo quello che in realtà è anche il segreto del cinema classico, che racconta storie sempre uguali eppure sempre diverse, immagini morte capaci di generare vita.

Rispetto a The Master siamo un passo indietro, è chiaro. Oppure siamo solamente nell'altra faccia della medaglia, nella resistenza del tutto di fronte all'immanenza del vuoto.

Nessun commento:

Posta un commento