mercoledì 15 febbraio 2012
Dirk Diggler in gonnella
E' incredibile, comunque, il livello di servilismo della stampa festivaliera nei confronti del cinema americano. Oggi è passato fuori concorso l'ultimo film di Soderberg, Haywire (da noi in uscita la prossima settimana con il titolo Knockout - Resa dei conti) e per la prima volta la sala delle conferenze stampa era così colma da costringere alcuni giornalisti a seguire l'incontro con regista e attori sui televisori all'ingresso. Certo, oltre a Soderbergh c'erano Fassbender (ma quanti film fa?), Banderas e la protagonista del film, l'attrice-lottatrice Gina Carano, che avà pure un bel viso ma in vestito da sera sfoggia i proverbiali polpacci da stopper. Certo, sono divi. Ma altrettanto certo è che
Haywire, che arriva subito dopo l'assai migliore Contagion, è un film evanescente, scritto coi piedi, girato con il polso sinistro, nemmeno con la mano sinistra, dove Soderbergh - a suo modo coerente e furbo, se vogliamo anche bravo - continua il suo gioco al massacro del cinema hollywoodiano, questa volta prendendo il thriller d'azione, con agenti speciali traditi e funzionari di Washington che ordinano omicidi, e riducendo il fantomatico genere a una serie di situazioni-pretesto per lasciare che i personaggi si massacrino di botte, che le location saltino da una parte all'altra del globo (Stato di New York, Barcellona, Dublino, San Diego, New Mexico) e che una serie impressionante di attori famosi sfili davanti la macchina da presa, presumibilmente al minimo della paga sindacale. Per una robetta di un'ora e mezza, girata in un digitale leggero e nei momenti d'azione ispirata furbamente alle serie tv anni '70, quelle con le musichette un po' jazz e un po' dance di cui Paul Thomas Anderson fece la parodia in Boogie Nights (Gina Carcano è forse una Dirk Diggler in gonnella?), ci sono, oltre a quelli presenti qui a Berlino, anche Michael Douglad, Channing Tatum e Bill Paxton, ciascuno con i propri cinque minuti di film e poi via, ancora un po' di botte e poi tutti verso un altro progetto, un altro cast da Hollywood classica, un'altra presa per il culo che i giornalisti dei festival saranno costretti a bersi perché arrivati fin qui a fare il loro lavoro... Soderbergh, forse, è meno scemo di quel che sembra.
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