Un uomo lassù nell'aria mentre un aereo, così sembra, sparisce nell'angolo della torre. Un piccolo frammento di passato che ne incrocia uno più grande. Come se il funambolo stesse in qualche modo anticipando il futuro. Intrusione del tempo e della storia. Punto di collisione delle storie. Attendiamo un'esplosione che non avviene. L'aereo passa, il funambolo raggiunge l'estremità. Nessuna disintegrazione. Lei lo vive come un istante eterno, l'uomo solo contro l'immensità, eppure capace di farsi mito a dispetto di ogni altra evidenza.
giovedì 17 novembre 2011
Intrusione del tempo e della storia
La foto che si vede qui a fianco è stata scattata il 7 agosto del 1974, a New York, e più precisamente sotto le Torri Gemelle, che allora erano state eretta da poco e ancora svettano semivuote sullo skyline della città. La mattina di quel giorno un funambolo francese di nome Philippe Petit decise di tirare un cavo d'acciaio tra un tetto e l'altro delle due torri e di camminarci in mezzo, passeggiando nell'aria a più di 400 metri d'altezza. Un evento molto noto e ultimamente tornato di moda per via dell'autobiografia di Petit, Toccare le nuvole, del film ispirato al libro, Man on Wire - Un uomo tra le nuvole, diretto da James Marsh e vincitore di un Oscar come miglior documentario nel 2008, e anche per via di un romanzo che si ispira all'incredibile performance di Petit per raccontare una storia simbolica e compassionevole sull'America di quegli anni. Il libro si chiama Questo bacio vada al mondo intero, l'ha scritto un irlandese americano di nome Colum McCann e nel 2009 ha vinto il National Book Award. Non un è un capolavoro, è un libro ben scritto e senza svolazzi, un po' risaputo nei suoi umori universali e al tempo stesso intimisti, ma a tratti illuminato da alcuni passaggi folgoranti. Come quando, e vengo al punto, in mezzo alle pagine del libro, McCann decide di mettere la foto di Petit che cammina fra le torri e un aereo gli passa sopra. La foto ha dell'incredibile: venne scattata quel giorno, ma contiene il futuro di quegli edifici e della città che li ospitava. E' un caso clamoroso di immanenza dell'immagine, di quanto di inconsapevole eppure decisivo ci sia nella realtà impressa dallo scatto e di quanto, soprattutto, l'immagine in sé non possa mai essere oggettiva, ma solo ampliata dallo sguardo di chi la osserva e la interpreta. In quella foto, nonostante sia solo una foto, ci sono anni di storia e di emozione cinematografica. McCann lo dice verso la fine del libro:
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