mercoledì 22 giugno 2011

Promemoria

Il problema di Venere nera, il nuovo film di Abdelatif Kechiche presentato lo scorso anno a Venezia e da venerdì scorso nelle sale italiane, è il fatto di essere un'opera a tesi volutamente a tesi; un'opera esplicita e politica, volutamente esplicita e politica. Un'opera ridondante, insomma, che nella sua grandezza contiene i segni dei propri limiti. L'incazzatura di Kechiche, che nel precedente capolavoro Cous cous stava rinchiusa in quadro ambientale e umano ideale, torna invece a strabordare come in La schivata, con le dinamiche di potere e schiavitù innescate dallo sguardo che si appropriano di un'estenuante estetica dell'eccesso. Venere nera risale all'origine della dannazione che condanna  la società dello spettacolo, quel legame inestirpabile tra la voracità dell'occhio e la fragilità del corpo che a fine XIX secolo, periodo in cui il film è ambientato, è diventata fonte di guadagno, intrattenimento e soprattutto sopruso culturale. In quel periodo, in concomitanza con l'espansione coloniale delle potenze europee e con la diffusione del teatro spettacolare, il cinema ha fatto il suo ingresso nella storia umana e fin da subito, per quanto inconsapevolmente, anch'esso si è fatto portatore di una violenza sottile e invisibile che coinvolgeva la curiosità dei popoli occidentali e la nudità delle persone in cattività: Kechiche ci va giù pesante e non lascia spiragli di redenzione per la nostra cultura. La sua rabbia è onnicomprensiva e per quanto cieca, ci vede benissimo. Giocato sulla ripetizione, condannato dalle sue intenzioni a mostrare la violenza dell'occhio come gesto ignaro ma omicida, Venere nera per quasi due ore e mezza getta in faccia allo spettatore la tragedia umana di una donna impotente e sola, trasformata nell'emblema delle future violenze reali o mediatiche del XX secolo. Dai freak show di fine '800 deriva infatti il voyeurismo contemporaneo, che ci porta a guardare con affascinato orrore i corpi dell'Olocausto, gli effetti del napalm sui corpi delle bambine vietnamite o le decapitazioni in streaming di qualche gruppo fondamentalista. Tutto vero e tutto ancora più spaventoso in quanto rivolto dal cinema contro se stesso - contro una intrinseca e inestirpabile barbarie dello sguardo. Ma anche tutto noto e ampiamente sviscerato: Venera nera è un grande film, intendiamoci, ma in fondo funziona sì e no come un promemoria.

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