lunedì 20 dicembre 2010
Deerhunter, Halcyon Digest
In tutti i siti musicali del mondo tra i primi album dell'anno ci sono almeno due presenze fisse: Teen Dream dei Beach House e Halcyon Digest dei Deerhunter. Del primo ho parlato più volte e con il tempo non ha perso nulla della sua bellezza; del secondo, invece, parlo ora, visto che è uscito da poco e soprattutto è un album che cresce con il numero di ascolti. Halcyon Digest è un mezzo capolavoro, di sicuro il lavoro più diretto e facile dei Deerhunter, quello in cui sono più evidente le influenze beatlesiane, ma pure l'apertura alla contemporaneità, con i ritmi sincopati e le progressioni dell'indie e quel senso di alienazione suburbana che poi è il retroterra di qualsiasi musicista americano sotto i 35 anni e la caratteristica che fa di The Suburbs l'album simbolico di questi tempi. I Deerhunter non sono i pur bravi Tame Impala, che pure loro hanno un album, questo, in quasi tutte le classifiche, o l'altrettanto onesto ma derivativo The Tallest Man on Earth: non si limitano, per essere chiari, a immergersi nell'acido da magical mystery tour, nel primo disco dei Pink Floyd o nelle corde di Dylan per riprendere sonorità psichedeliche o folk incastonate nella memoria del rock. I Deerhunter quella memoria la recuperano e la mettono in discussione, a partire dall'apertura ossessivo di Earthquake per arrivare a pezzi grandiosi come Memory Boy, che ha la batteria di un pezzo anni '60, o Desire Line, che sembra ma non è una canzone dei Sigur Ros. Tutto merito, pare, del leader Bradford Cox, che è tanto brutto quanto geniale.
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