Ammetto di non essere un esperto di serie tv americane. Ne avrò viste sì e no un paio, sono d'accordo sul fatto che laggiù siamo ormai diventate il vero banco di prova per la tenuta del cinema come forma dell'immaginario, ma non ne condivido il culto. Soprattutto, sono convinto che nel momento in cui un prodotto da bello e sperimentale che è, diventa seriale, imitato ed espanso all'infinito, qualcosa lo perde inevitabilmente. Detto questo, e detto pure che non ho cambiato idea rispetto a quello che ho scritto a proposito della crisi di Scorsese, devo ammettere che la prima puntata di Boardwalk Empire è una figata. A parte qualche stridente errore di montaggio (a dimostrazione di quanto la necessità di produrre seimila serie l'anno porti a realizzarle in fretta e furia) e una storia già vista mille volte (ma ripeto, a me delle serie non frega un cazzo, per cui mi concentro su altro), il filmino di un'ora e un quarto è Scorsese allo stato puro: piani sequenza alla Gangs of New York, ritmo e uccisioni dritte dritte da Quei bravi ragazzi, scene di vita familiare alla Toro scatenato, montaggio alternato e schizzato alla Casinò (con pure una citazione dal finale del Padrino).
E la costruzione degli ultimi cinque minuti di film, quelli che preparano il resto della serie e immettono nella storia vera e propria, sono da maestro assoluto del cinema americano: con uno schizzo di sangue, con l'unione di musica, movimento del corpo e movimento della macchina da presa, aggressione dello spazio e sospensione del tempo, sembra tornare quell'improvvisazione controllata, selvaggia, classica e modernissima al tempo stesso, che è sempre stato il segno distintivo della grandezza di Scorsese.
Ripeto ancora: non conosco le serie tv e magari di robe così ce ne sono a decine (con il più il fatto che ormai anche il primo dei cani gira come gli ha insegnato Scorsese), ma a me è sembrato che se papà Martin non è più quello di una volta, è perché non vuole più fare le cose che faceva una volta.
Quando si rimette a farle, quando torna cioè a raccontare le radici del capitalismo americano nel connubio maledetto tra denaro, tradizione e violenza, anche se non dimostra di essere in forma smagliante e, sì, rifà se stesso, conferma di essere (stato) uno dei più grandi narratori dei nostri tempi.
Update
Leggo ora, dopo aver pubblicato, che c'è gente abbastanza influente che la pensa diversamente da me. Da quello che si legge, si capisce esattamente cosa intendo per culto delle serie tv. Perdonatemi se non sono al passo coi tempi e vivo ancora nel culto del cinema e di come gira Scorsese. Sarà anche scuola, sarà anche tecnica, ma è pur sempre cinema, quello che ci hanno insegnato ad amare e che ancora oggi saprebbe far innamorare chiunque. Poi ne esiste di diverso e di più adatto ai tempi. Ma non è nelle serie tv che sta.
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