mercoledì 24 aprile 2013

Don Draper è un vampiro

E' ricominciato Mad Men, la sesta stagione, e da tre settimane ho un pensiero per la testa. Un pensiero che ovviamente non conta un tubo, ma che ha cambiato l'idea che avevo di Don Draper. O meglio, l'ha chiarificata. E se anche fosse un'idiozia, come potrebbe sembrare, non toglierebbe nulla al fatto che Don è il personaggio più sfuggente e misterioso che il cinema americano, non solo la tv, abbia creato da parecchi anni a questa parte, più ancora dell'Uomo che non c'era dei Coen, che non aveva nemmeno lontamente la statura di Don ma ne anticipava la smorfia di perenne affrancamento dalla vita, di bramosia, noia, rabbia. Anche Don, in fondo, e questo lo sanno anche i sassi, è un uomo che non c'è, un tizio con l'identità di un altro, un borghese che per vivere deve per forza mentire - agli altri, non a se stesso - che per non uccidersi deve avere una doppia vita, un segreto, un lato oscuro, altrimenti suda, gonfia, non dorme, non lavora, beve fino allo stordimento, si smarrisce, cade. Nella nuova stagione di Mad Men, però, Don ha qualcosa in più rispetto al solito; o forse è diventato la definitiva summa di se stesso, di tutto quello che fino a questo punto l'ha definito come eroe, lui che è presente e assente da ogni situazione, geniale e spaccone, marito e amante, inetto e creativo. Don, a partire dall'inizio pazzesco del primo episodio, con quei sette minuti di bocca cucita che non possono non essere un'intenzione d'autore, con l'incipit dell'Inferno di Dante a definirne il destino nel solco della dannazione, con quella scena di totale estraneità al mondo, alla realtà, a se stesso, che è il momento del matrimonio sulla spiaggia, dove Don è testimone di un uomo che non conosce ma che potrebbe essere lui stesso (più chiaro di così?), Don, dicevo, più che un uomo che non c'è sembre un vero e propio morto tornato in vita; più che un potenziale suicida, uno che si è già ucciso e come alcuni dei morti di Les revenants, è tornato sulla terra e nemmeno se ne è accorto, concentrato com'è a vivere succhiando la vita dagli altri. Perché in questa nuova stagione di Mad Men mi sembra abbastanza evidente che  Don Draper sia un vampiro.

La cosa un po' mi sta sulle balle, poiché non è il massimo dell'originalità applicare a Mad Men l'immaginario più in voga del monento, per di più in un'eventuale variante malinconica e abbandonata. Però, porca vacca, a me sembra davvero che Don sia un vampiro. Non i termini rigidi, è chiaro, ma senza nemmeno farlo apposta nelle prime quattro puntate della nuova stagione ho trovato un sacco di dettagli illuminanti.

Ad esempio, la storia delle porte, quella per cui i vampiri non possono entrare in una casa se non sono invitati. La cosa non è precisa come in Fright Night, certo, ma pure Don nella nuova serie a passare per le porte da solo spesso non ce la fa: lo portano in spalla in ascensore perché ubriaco; Sylvia, l'amante del piano di sotto, lo fa entrare solo quando decide lei; nell'appartamento al piano di sopra c'è Megan, sua moglie, ma lui allo stesso modo non riesce a entrarci, si siede sul pianerottolo e si abbandona al nulla che ha dentro, allo sconforto che non si toglie dal petto, ora che è tornato quello di prima e non ama più nulla della sua vita, nemmeno la donna bellissima che ha sposato, e dunque risente il richiamo del distruttore, del traditore, del contrario di sé.

E' forzato, lo so, ma essendo una suggestione, funziona anche meglio se qualcosa non torna. E poi il fatto è che molte cose tornano. Ad esempio, ancora, la storia del sangue, che coi vampiri non può certo mancare. E siccome Mad Men si occupa di pubblicità e non di serial killer, al posto del sangue c'è il ketchup, c'è il marchio Heinz da promuovere e conquistare. La metafora è abbastanza evidente, si va a caccia del succo rosso per sconfiggere i concorrenti e mangiarsi una fettina della torta che tutti vorrebbero spartirsi. Siccome però, Don differisce dal mondo, dalla sua vita, da se stesso, dunque anche dal suo sangue, quando deve inventarsi la pubblicità del ketchup, che fa, lui assetato di sangue altrui, che per vivere ha abbandonato la sua identità e ha rubato quella di un altro? Cosa fa per rendere il succo rosso ancora più desiderabile ed evocativo? Lo elimina, lo dà per scontato, lascia che sia lo spettatore a immaginarselo - il ketchup, non il sangue, ma è la stessa cosa - e arriva al nocciolo della questione, al senso unico del linguaggio pubblicitario e del capitalismo, e cioè la continua - scusate il veteromarxismo - mistificazione della merce. E a ruota del denaro, della bellezza, della vita, del sangue insomma.

Il sangue, piuttosto, lo fa vedere Peggy, l'allieva diventata avversaria che nella presentazione del suo concept sul ketchup ci mette un bel bottiglione da 5 metri su Times Square. E Don che fa, mentre Peggy parla? Origlia, ruba, succhia, ovviamente a distanza essendo un vampiro solo per metafora.

Anche qui è forzato, figuriamoci. Ma quando, alla fine della quarta puntata, vedi Don fare l'amore con Sylvia, e trovi un'altra sottile conferma dell'idea, allora rompi gli indugi e pensi che un po' di ragione ce l'hai. Perché, ancora, che fa Don quando vede un crocefisso al collo della sua donna mentre sta per stendersi su di lei? Le chiede di toglierlo. E se lei dice no, lo gira per non vederlo. Come un vampiro, esatto. Lo fa per questioni morali, certo, ma l'indizio è clamoroso, sembra la conferma di un'aria maledetta e seducente che rientra pienamente nello spirito dei tempi. E se da un lato svilisce un po' il fascino novecentesco di Don, avvicindandolo alla malinconia di un Twilight qualsiasi, dall'altro lo supera a pie' pari, offrendo un'immagine folgorante e struggente dell'assenza di vita non del vampiro, ma di noi stessi, della condizione di non-vita, o se volete di postmorte, del società del consumo che ha in Don il suo prodotto e il suo riflesso.

E' un effetto di specchiamento, Don non è nessuno, e dunque è tutti noi. Ma Don è un vampiro, allo specchio o in foto non dovrebbe comparire, mentre nelle diapositive di Megan sul viaggio alle Hawaii la sua immagine si vede, lo spazio che occupa non è vuoto. Solo che in Mad Men l'unica lingua che conta è quella della pubblicità, e nella pubblicità che Don partorisce da quel viaggio, nell'idea commerciale di quell'esperienza, egli diventa guarda caso un vestito senza corpo, un'orma senza piede, una spiaggia vuota. Se dunque la pubblicità è il riflesso della realtà, e di rimando la realtà è il riflesso della pubblicità, nell'immagine restituita sullo schermo, Don Draper, cioè il vampiro, cioè, forse, tutti noi, non c'è.

Continua.

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