martedì 4 settembre 2012

Venezia 69 - Racconto giusto della giovinezza

Ne scrivo oggi perché ieri non ne ho avuto il tempo: Après mai di Olivier Assayas è un film magnifico. Non sono l'unico a dirlo, qui è piaciuto più o meno a tutti, ed è strano che capiti il contrario: perché il film, che racconta liberamente l'autobiografia del regista, la sua adolescenza all'inizio degli anni '70 alla periferia di Parigi, tra le tentazioni rivoluzionarie di allora, la passione per la pittura, i dubbi sull'ideologia maoista, un amore, forse due, e poi il cinema e la scoperta del situazionismo, di Debord e di tutto quello che sarebbe venuto dopo, la critica e la regia, il film, dicevo, è narrato con una tale passione e una tale onestà intellettuale verso una generazione e un'illusione collettiva, con tutte le sue ingenuità e le sue sciocchezze, le cose bellissime e le tragedie compiute e sfiorate, da generare istintiva ammirazione e rispetto. Rispetto per un cinema non poetico (Assayas  il film poetico sugli anni '70 l'aveva già fatto: L'eau froide), ma esplicitamente didascalico, lineare, capace di includere gli umori e le idee di un'epoca in un racconto composito e controllato, per nulla fisico e istintivo come il miglior cinema di Assayas è sempre stato, ma non per questo meno vero o complesso, impietoso, forse, eppure incapace di essere denigratorio.


Ciò che più mi ha colpito in questo tenue e commosso racconto giusto della giovinezza è la fiera ammissione di un'idea di mondo e di vita che emerge dalle pagine del film. Se i personaggi di Après mai leggono, dipingono, disegnano, fanno cinema o ne parlano, provano insomma a vivere secondo un'ideale di libertà e creatività che allora era rivoluzionario e oggi è prassi anche per coloro che oggi Assayas lo mandano affanculo perché forse ha detto che l'underground era un'illusione e molto spesso un'autentica merda, non è perché vogliono distinguersi dal resto dell'umanità, mettendo su la tipica aria da cazzo della gioventù parigina che da sempre ci tormenta, ma perché leggere, dipingere, disegnare, fare cinema o parlarne, viaggiare e talvolta farsi di droghe leggere, è bello, è divertente, non è così scontato e richiede passione, impegno, coraggio, voglia di sbagliare e abbandonare per strada pure qualche amore. Nel nome di una scelta non per la rivoluzione o il popolo, ma per se stessi, per tutto ciò che di buono e di giusto può scaturire da un'epoca e diventare tesoro personale, oltre l'ideologia e la politica.

Per me Après mai è una straordinaria, quieta, lucida, semplice, dunque profondissima, ammissione di responsabilità. Forse una lezione di vita, dipende da chi la guarda e da quanta onestà di sguardo ci mette. Nell'epoca in cui il passato è la chimera per eccellenza, il sogno estetico di un presente convinto di non avere né forma né voce, Assayas l'ha riportato alla sua dimensione di pura e semplice raccolta di oggetti, musiche, volti, parole, ricordi - quanta precisione in una ricostruzione storica che non prevalica mai la rappresentazione - lasciando a noi la voglia o meno di considerala un vademecum per il presente e il futuro

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