Sempre per la questione di cose dette da grandi registi, ieri ho visto un film in cui Oguri Kohei parlava a lungo del suo cinema. Oguri è un regista giapponese che in trent'anni ha purtroppo girato solo cinque film, ed è un vero peccato perché è un uomo di un'intelligenza e una cultura ammirevoli. A un certo punto Oguri parla del suo L'uomo che dorme, spiegando cosa lo distingue da un film narrativo: la chiama la teoria dei vasi non-comunicanti. Che più o meno è questa: in un film narrativo ogni scena è un vaso pieno d'acqua che a poco a poco si svuota, passando l'acqua a un vaso successivo, che si riempie a sua volta e poi si svuota passando l'acqua a un altro e così via fino alla fine del film.
In L'uomo che dorme, invece, l'acqua nel vaso rimane lì dove, non passa a un altro contenitore, e di conseguenza ogni vaso, ogni scena, vale per sè, tiene l'acqua che ha o la disperde nei mille rivoli che si vengono a creare. Ogni scena, dunque, ha un proprio valore, legato o meno a quello delle scene successive o precedenti. E il film è l'insieme dei vasi.
Non credo ci sia molto da aggiungere: raramente ho sentito qualcosa di più chiaro e semplice sul cinema che viene definito d'autore: semplicemente, come dice Oguri, non è cinema più difficile degli altri, ma è un cinema che ha l'ardire di preferire l'acqua al corso complessivo del fiume.
Bello "L'uomo che dorme" (l'unico film che ho visto di Oguri). E il poco che ricordo del film (tristemente visto in un mini-televisore su una vhs malregistrata), si sposa perfettamente con le sue dichiarazioni. Ma quale sarebbe il film in cui asserisce queste cose?
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